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Presidente: 6.5 | Ang: 6 | Gianluca: 5.5 | Mercedeh: 5
>Un cinema diverso, difficile anche da raccontare. Un cinema di sensazioni, di brusii, di moltitudini, di isolamento. Un cinema della natura, del misticismo, di un’Italia nascosta tra le colline. Un cinema fatto di grida e di silenzi, di microscopiche altitudini e fredde digressioni. Un cinema scosceso come le aspre colline calabresi. Un cinema al lume di candela, cadenzato dal lento scorrere di un vecchio su strade impertinenti e vissute già mille altre volte. Un cinema di processioni e processioni ancora. Un cinema che ti commuovi al grido di una capra nascitura che smarrisce la strada, troppo simile al pianto di un bambino, al richiamo di una creatura impaurita e infine rassegnata. Un cinema del tornaconto, in cui vita e morte sono salita e discesa di un’unica via che torna sempre al punto di partenza, ma che gira quattro volte e chissà quante altre ancora su se stessa, trasformandosi, muta, servile nel tragitto, utile al proseguo di una silenziosa esistenza. Questo film è un film per pochi, per pochissimi, un film ispirato a un mantra antico come la transumanza. Un film ecologico ecologista, fatto di spaccati e attori inconsapevoli, che commuove per l’incanto e la passione con cui lo sguardo del regista, scruta un mondo assurdo, intarsiato nel tempo, che nel tempo si tramanda e si rigenera. Un film non per tutti, ma per chi sicuramente ha voglia di ritrovarsi, pezzetto infinitesimale di un unico grande progetto, l’eco del mondo che grida al vento il riscatto della vita. Un atto di fede nel deserto agnostico della contemporaneità.