Amore.

Misurarsi con Michael Haneke è un pò come entrare in un ring con un pugile scafato, sai in anticipo che verrai brutalizzato senza pietà. Fuori dal piccolo cinema si incrocia la folla in uscita. A poco serve ignorare i volti scossi di chi, alla fine del suo tristo giro con la pietà, ti lascia volentieri il posto. Gli abituali schiamazzi da critici di serie b sono morti, stecchiti da un silenzio che è già la colonna sonora del film. Il resto lo fa il freddo, in una serata perfetta per amare la settima arte.
Georges (Jean-Louis Trintignant) e Anne (Emmanuelle Riva) sono una coppia di insegnanti di musica in pensione. La loro vita trascorre serenamente e, tra letture e concerti, trovano saltuariamente la compagnia dei loro ex allievi e della figlia Eve (Isabelle Huppert). Il loro rapporto viene però sconvolto da un ictus che colpisce Anne rendendola invalida. La donna sarà totalmente assistita dal marito che, con assoluta devozione, la accompagnerà nel difficile decorso della malattia.
Giustamente premiato con la Palma d’oro al 65° Festival di Cannes, Amour è una lenta immersione nelle torbide acque del fine vita e della sofferenza. Haneke, regista e sceneggiatore del film, sceglie con coraggio di raccontare una storia di vecchi soli e devastati dal male, puntando il dito contro una società in fuga dalle sue paure e confermando per l’ennesima volta il suo talento nel sollecitare i nervi più sensibili degli spettatori. 
Attraverso una narrazione algida e minimale, fatta di lunghi piani sequenza e movimenti di macchina ridotti al minimo, il regista chiude i suoi personaggi in una teca inaccessibile, evocando i tempi della malattia e della morte. Con l’impotenza di chi può solo aspettare, si assiste al disfacimento dei corpi e delle menti dei protagonisti; il dramma non è più sul grande schermo, ma vive nello spettatore. Anne e Georges sono soli, senza figli o infermieri, senza Dio. Tra loro però esiste e resiste un grande rispetto; il frutto di un amore assoluto e vero, il solo scudo con cui difendersi nei momenti più difficili dell’esistenza terrena. 
Gigantesco Jean-Louis Trintignant, che mette anima e corpo in quello che ha egli stesso definito il ruolo più difficile della sua carriera. L’interpretazione, fortemente contenuta, impreziosisce lo spessore emotivo della storia e restituisce senza cadere nel patetico, il dramma di un uomo. 
Amour è un film che parla di molto, ma soprattutto d’amore. O di ciò che ne resta, dopo la tempesta della vita. Ostile come ogni opera del maestro austriaco, saprà rivelarsi una splendida esperienza se affrontato con la giusta preparazione. Commovente e prezioso, è un film che si vede una sola volta, quel tanto che basta per restare frastornati e stupirsi delle vette che il cinema vero può ancora raggiungere. Magnifico.  


voto 9


voto redazione
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Chiara: 9 | Ang: 8.5