Ben fatto Tornatore!

Giuseppe Tornatore torna nelle sale. Dopo La sconosciuta del 2006, il suo film più crudele e straziante, dopo Baaria del 2009, il film più grandiosamente mediocre della storia del cinema Italiano,  debutta con il digitale ne La migliore offerta, decisamente più intrigante e coinvolgente. Certo, già dai titoli di testa Ennio Morricone ci trascina in un mondo melodrammatico, quello del regista, che, nonostante abbandoni la bella Sicilia per un’ambientazione  mitteleuropea, non riesce a discostarsi da quello stile barocco  e  talvolta eccessivamente pomposo, che più lo caratterizza. Tutta girata in lingua inglese, una storia dal meccanismo pulito e avvincente vista dagli occhi del protagonista,  figura davvero ben costruita interpretata da  Geoffrey Rush (bravissimo), raffinato banditore d’aste e conoscitore dell’arte, nonché collezionista di ritratti di donne (Tiziano, Raffaello, Modigliani,  Ingres e tantissimi altri) che tiene in sicurezza in un bunker nel suo appartamento, Virgil Oldman, ha delle serie difficoltà a rapportarsi con il reale mondo femminile, nonostante sia un uomo eccentrico, intelligente e apprezzato da tutti, è un uomo solo, fino a che non incontra,  innamorandosi, una giovane con un problema di agorafobia, vive rinchiusa in una villa decadente e maestosa, come uno dei ritratti di Oldman.
I volti muti nei dipinti, la follia di una donna che si nasconde dal mondo, la decadenza dei luoghi, contribuisco a dipingere un quadro carico di sospetti e misteri che non si svela fino alla fine, con una morale amarissima che cela, per pietà, una speranza (o una tragedia?), l’amore, un’opera d’arte unica nel suo essere, poiché irriproducibile, un amore che travolge e distrugge, che riesce a guarire un uomo incapace di provare ogni sentimento per il reale, un amore che inganna. Una continua suspense, che omaggia l’estetica nel senso Kantiano del sublime, ma soprattutto un cinema italiano che abbandona per una volta l’amaro realismo, (finalmente), abbracciando un genere che aveva un po’ dimenticato, (diciamo da Pupi Avati)  la favola nera. Una favola costruita minuziosamente,  un intreccio narrativo carico di tensione tipico di Argento, una regia rigorosa, ma soprattutto un personaggio forte che trascina il pubblico in un incastro fatto di meccanismi, di ingranaggi metafisici,  di intrecci tra il reale (la tragedia) e l’irreale (la purezza dell’arte, che altro non è che mera riproduzione della realtà). Un successo meritato, un Tornatore maturo e intelligente, sempre vagamente baroccheggiante. (Ma dopo Baaria, ci sarebbe piaciuto tutto?)
Voto: 7


voto redazione
———————————————————————————————————————————-
Chiara: 7